Intuizioni obiettive – parte seconda

“Uomini che odiano le donne” è il primo capitolo di una trilogia, “Millennium”, che nel mondo ha venduto oltre 63 milioni di copie.

L’autore, Stieg Larsson, è un giornalista svedese che si è occupato di razzismo, antisemitismo e violenza contro le donne, prima di morire, a soli 50 anni, senza avere il piacere di osservare la sua trilogia conquistare i lettori di tutto il mondo.

“Uomini che odiano le donne” si snoda su un duplice binario: da un lato, la vicenda che contrappone il protagonista, il giornalista d’inchiesta Mikael Blomqvist, all’uomo d’affari Hans-Erik Wennerstrom. Dall’altro, l’incarico che viene affidato allo stesso Blomqvist da un anziano industriale, Henrik Vanger, patriarca di una famiglia che sembra avviata sulla strada di un inesorabile declino. Incarico che consiste nello scoprire chi, della stessa famiglia Vanger, abbia ucciso sua nipote Harriet trentasei anni prima e ne abbia occultato il corpo.

E’ questa seconda parte, a mio parere, quella più riuscita e avvincente. Le indagini del protagonista procedono a rilento e sembrano non portare da nessuna parte. Fino a quando un’intuizione “regalata” dall’autore Larsson al suo personaggio, dà il via a una serie di successive scoperte che porteranno alla soluzione dell’enigma.

Si tratta di una fotografia. O meglio, di una fotografa ritratta all’interno di un’altra foto, che, come in un gioco di specchi, è intenta a catturare con il suo obiettivo lo stesso attimo di realtà, ma da una prospettiva opposta.

Il protagonista la nota all’improvviso, dopo che quella foto era passata da tante mani, vista e rivista tante volte, quasi consumata. Proprio come un’altra foto, quella del Terun, di cui parlo qui.

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